“La natura ci ha dato due occhi due orecchie e una bocca perchè potessimo osservare ed ascoltare il doppio di quanto parliamo.” Epitteto.
In un mondo dove ognuno vuole a tutti costi dire la sua è difficile parlare di ascolto. L’argomento è esteso ma oggi vorrei soffermarmi su come l’ascolto ha cambiato totalmente il mio essere terapista.
Quando parliamo di trattamenti olistici è opportuno fare riferimento all’ascolto. Esso è infatti l’ingrediente fondamentale per rendere il trattamento qualcosa di più della mera esecuzione di una tecnica.
La differenza più evidente che mi viene in mente tra un trattamento medico ed uno olistico è che nel primo è il terapeuta ad imporre la sua conoscenza per dare una soluzione al paziente che è tenuto ad applicarla, nel secondo l’operatore diventa il facilitatore del meccanismo di auto correzione corporeo, cosa che non sarebbe possibile senza il coinvolgimento del paziente.
L’ascolto della persona è quindi di fondamentale importanza per riuscire a lenire i disagi sia fisici che emotivi senza per questo investirsi del ruolo di psicologi.
Dal punto di vista dell’operatore, l’attenzione consapevole e la sua capacità di essere presente a se stesso oltre che all’altro, permette di entrare in contatto ancor prima di iniziare il trattamento e di intuire “di quale “strumento” si può servire per essere maggiormente d’aiuto.
L’ascolto, nell’ osservazione senza giudizio, permette di acquisire preziose informazioni sul corpo della persona nella sua totalità, fisica, energetica ed aurica.
Come terapista ho sempre dato molta importanza alla presenza e all’ascolto solo che non mi rendevo conto di quanto fossero legate a certi schemi di trattamento che, pur essendo apprezzati, lasciavano poco spazio all’approfondimento.
Questo confine è stato completamente scardinato dalla pratica ortho-bionomica che mette da parte ogni azione preconfezionata per fare emergere i reali bisogni del paziente e la ricerca creativa e condivisa col terapista, per l’integrazione (risoluzione) del disagio.
Uno degli aspetti che mi ha affascinato dell’Ortho-Bionomy è che si parte dal presupposto che per far passare il dolore è necessario accogliere, ascoltare, esagerare o sottolineare la postura che accompagna la sensazione sgradevole. Quando faccio un trattamento proponendo più che imponendo la mia azione, è il corpo della persona stessa a rilasciare tensioni. E’ così che si riesce ad intravedere la luce dietro l’ombra o forse si riesce addirittura ad intravedere un’altra verità, quella che non c’è separazione tra le due.
Add Comment